La glorificazione è un processo che ha origine nel soggetto, a seguito del compimento di azioni degne di nota. Si tratta di una processualità a due facce che continuamente si confronta con una biforcazione: l’innalzamento del soggetto a una dimensione altra, alla fama che tanto spesso si traspone in bramosia meschina, fame di gloria; l’inabissamento nella condizione umana, un’indagine nella piccolezza che la caratterizza, un cammino alla ricerca delle tracce di una gloria a partire dall’azione quotidiana. Il Glorioso nell’abisso è indagine concettuale del festival Natura Dèi Teatri che, dal 16 novembre al 1° dicembre, vedrà impegnata la compagnia performativa Lenz Rifrazioni presso gli spazi postindustriali di Lenz Teatro, a Parma. Un festival che trae origine da una metodologia rigorosa di progettualità triennale con focus sullo stato attuale dei linguaggi artistici: situandosi tra la scorsa edizione Ovulo e l’appuntamento a fine 2014 de I Due Piani, il Glorioso trae linfa vitale dalla riflessione filosofica di Gilles Deleuze: «in Artaud, la parola-soffio forza ulteriormente i limiti della lingua francese verso delle “pure intensità”, in corrispondenza con un corpo diseducato ai modi e ai gesti della quotidianità e teso verso lo stesso limite, per cui, attraversate le prime fasi sperimentali, egli aspirerà proprio a quel corpo senza organi, un “corpo glorioso”, alienato attraverso un’esperienza analoga a quella dei misteri orfici o eleusini, attraversato da grida e soffi».
Questo corpo glorioso sta alla base de I Promessi Sposi, creazione per ND’T 2013, realizzato in collaborazione con il Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale dell’AUSL di Parma. Le figure che abitano il romanzo, scomposto in ventiquattro quadri scenici, si moltiplicano – due Lucia, tre Monache di Monza (bambina-donna-vecchia) – entro un habitat installativo, un “Paese delle Stanze Luminose” che prevede una fruizione itinerante per lo spettatore. I “magnifici umili” manzoniani sono gli “attori sensibili”, ex lungodegenti psichici, assieme al nucleo storico di Lenz. «La presa di possesso dei personaggi manzoniani da parte di questi “magnifici umili” diventa una contemporanea rivolta del pane e una ribellione all’oblìo, una pestilenza benefica che costringe alla malattia dell’uguaglianza e alla misericordia dell’attore tragico» scrive Francesco Pititto, artefice con Maria Federica Maestri di Lenz Rifrazioni.
La progettualità ultradecennale di Lenz Rifrazioni con gli attori gloriosi dà vita ad altre tre creature sceniche, in occasione del Festival: La Gloria, tragedia dannunziana che diviene indagine della retorica del potere fascista e brigatista; Imagoturgia della Grazia, lavoro antinarrativo in cui la drammaturgia scivola nell’immagine, e viceversa, attraverso Shakespeare e Ovidio, Virgilio e Manzoni; Hamlet Solo, ritratto tragico dell’esistenza umana incarnato dall’attrice sensibile Barbara Voghera, «corpo di dolorosa poesia e di imperfetta bellezza».
La ricerca della gloria nell’abisso corporeo, nell’immagine, nell’interstizio sottile tra vita e fare artistico si declina e rifrange ulteriormente nelle creazioni delle partecipazioni nazionali e internazionali presenti al festival. La transdisciplinarietà e l’intreccio dei differenti linguaggi artistici – teatro e danza, video e performance, installazione e musica – stanno alla base di una ricerca comune. È la gloria nell’abisso corporeo, nella parola-soffio di cui ci parla Artaud, nella scrittura per immagini.
Il germe della gloria corporea fermenta nei progetti di Maria Donata D’Urso, coreografa che coniuga la ricerca sul bios del corpo in movimento e la scrittura digitale con i due progetti Strata.2 e e-Ma studio#1. La relazione tra due corpi maschili, la capacità di trasformare le proprie limitazioni in virtù stanno alla base della danza violenta Still Standing You del duo Ampe e Garrido. L’invenzione di un nuovo linguaggio del corpo, per amplificarne le potenzialità comunicative e politiche è alla base della performance Everyone Gets Lighter/All! della formazione fiorentina Kinkaleri.
La gloria del racconto in lode di una vita, le interferenze tra arte e vita reale sono alla base del progetto Pictures from Gihan della compagnia romana Muta Imago. Nel lago dei leoni è invece uno scavo nell’estasi emozionale di Maria Maddalena de’ Pazzi,della formazione torinese Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa. Die Scheinwerferin, letteralmente un “riflettore al femminile”, è viaggio visionario dell’artista Naoko Tanaka assieme a una piccola bambola, che le assomiglia terribilmente. E ancora, Silvia Costa – attrice della Socìetas Raffaello Sanzio – con due produzioni che ricercano il glorioso negli abissi della parola: «se ancora può avere potenza il pronunciarsi di una parola, quella parola sarà pronunciata da un infans» è il concetto alla base del lavoro 16 B-Come un vaso d’oro massiccio adorno di ogni pietra preziosa; Stato di Grazia è invece messinscena ispirata al testo tardo-ottocentesco Psychopatia Sexualis di Richard Von Krafft-Ebing, testo che scaturisce dalla necessità di «raccontare la storia di qualcuno. Una di quelle vite che vengono dette “infami”».
La ricerca del glorioso nella parola, nel dire, è al centro di Mind the Heart, presentazione dell’ultimo numero della rivista La Luna di Traverso, dell’associazione parmigiana Lunatici. Una ricerca sulla parola, sulla musicalità dell’emissione verbale, che si declina ulteriormente nel concerto per clarinetto e violino dell’Ensemble Prometeo Glorior_Contemporary Music Concert e nel concerto Facciamola a pezzi della Fondazione Arturo Toscanini, fase ultima di un progetto Educational che spazia da Beethoven a Cage, da Stravinskij a De Andrè.
Un programma denso, di contaminazione dei linguaggi, in cui è proprio lo statuto del linguaggio ad essere messo in discussione. È una vera e propria glossopoiesi del concetto di glorioso, un’operazione linguistica, l’arte di creare linguaggi artificiali sviluppandone la fonologia, il vocabolario e la grammatica. Seguendo l’esegesi che Jacques Derrida dà di Artaud, «come funzioneranno allora la parola e la scrittura? Ridiventando gesti. Si mette a nudo la carne della parola, la sua sonorità, la sua intonazione, la sua intensità, il grido che l’articolazione della lingua e della logica non è ancora arrivata a raggelare del tutto, quel tanto di gesto oppresso che resta sempre nella parola, quel movimento unico e insostituibile che la generalità del concetto e della ripetizione non ha mai finito di rifiutare. Glossopoiesi che non è un linguaggio imitativo né una creazione di nomi, ci riconduce sul limite del momento in cui la parola non è ancora nata, quando l’articolazione non è già più il grido ma non è ancora il discorso, quando la ripetizione è quasi impossibile, e insieme con essa la lingua in generale». Natura Dèi Teatri è un festival creatura, un organismo pulsante, di cui Lenz Rifrazioni costituisce corpo e respiro, di cui le partecipazioni di artisti internazionali costituiscono le membra.