• Irene Petris è Euthalia. Ai Cantieri alla Zisa di Palermo il testo di Luisa Stella

    Comincia che ritorna a casa ancora arrabbiata per l’umiliazione subita. Perché le hanno tagliato il telefono, per aver dimenticato di pagare una bolletta. Cosa le va a capitare, a novant’anni… Episodio di poco conto ma che innesca un progressivo slittamento verso un’insoddisfazione, un senso di ribellione, un mescolarsi di ricordi. È un altro ritratto di donna Euthalia di Luisa Stella. Come il dialogo a una sola voce di Lamìa portato sulla scena anni fa da Licia Maglietta. Ci si potrebbe sentire un’ombra della comicità sorniona, avvolta dentro un velo di umor nero, e la micidiale tendenza al soliloquio di certi personaggi di Thomas Bernhard “ritratti da vecchi”. Ma è proprio così?

    Intanto c’è da dire della protagonista, Irene Petris, che ricordiamo assai bene in tanti lavori importanti, fra Luca Ronconi (era la conturbante Cressida del progetto Domani) e Romeo Castellucci. Una giovane attrice, cosa che contrasta evidentemente con l’età dichiarata del personaggio. Vuol dire, questa scelta della regia firmata a due mani da Matteo Bavera e Thea Dellavalle, può voler dire tanto l’imporsi una difficoltà da superare quanto un’occasione da mettere a frutto. Cioè come sfuggire alla tentazione della mimesi, della riproduzione più o meno realistica.

    Foto di Alessandro D’Amico

    Eccola avanzare a piccoli passi sulla scena allestita da Mela Dell’Erba allo Spazio Franco dei Cantieri alla Zisa. Una poltrona accanto a un abat-jour e a un tavolino con un giradischi, nella cornice formata da un tappeto e da un arazzo che funge da fondale – di là da quello giungono le rade voci che interloquiscono con la sua solitudine. A terra parecchie fotografie incorniciate. Il caschetto di capelli argentei non proprio freschi di parrucchiere potrebbe suggerire una qualche senile trascuratezza. Ma la maschera di lattice che le copre parzialmente il viso non vuole invecchiarlo, ha piuttosto l’effetto di renderlo quasi astratto o impersonale, sfuggente a una precisa connotazione temporale. Non che si voglia eludere il tema, resta lì naturalmente.

    Che cos’è la vecchiaia… Ignominia o strazio? si chiede filosofeggiante (il testo è pubblicato dalle Edizioni dell’assenza, in un volume che contiene anche gli altri testi teatrali della scrittrice siciliana). Si vede che viene da una borghesia colta, ciò che proprio non sopporta è che la si voglia far passare per scimunita per via dell’età. Ha acquistato il suo primo cellulare, al posto della vecchia linea fissa. Come sono scomode queste comodità, commenta. Ma lo tiene accanto, sperando che qualcuno chiami, anche solo per errore. E si abbandona ai ricordi, fra un brano di Mahler e un bicchiere di vino rosso. Con una sorta di derisorio sprezzo che si accorda al suo desiderio di svuotarsi, di non lasciare niente dietro di sé. Voglio morire vuota, dice. Euthalia racconta un sentimento, prima ancora che un personaggio. Sempre più ravvicinati e fragorosi stacchi di buio scandiscono il precipitare dell’azione verso un finale prevedibile e proprio per questo più emotivo. Il disco che continua a girare a vuoto sul giradischi è l’ultima traccia che ci lascia.

     

    Pubblicato su “il manifesto” del 7 marzo 2020

     

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