Vecchie. Era il titolo del film dentro cui le aveva trascinate Daniele Segre. Un trionfo a Venezia nel 2002. Tant’è che poi il lavoro aveva preso anche la via del palcoscenico. Giacché erano prima di tutto attrici di teatro, e delle più brave e generose, Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin, anche se poi entrambe avevano attraversato cinema e televisione di necessità. Se ne sono andate insieme, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, in questo luglio crudele. Ed è un altro pezzo che si perde della lunga straordinaria stagione del nuovo teatro italiano.
Non era la prima volta che lavoravano insieme, quella propiziata da Segre. Qualcuno le ricorda ancora ne La tragedia del vendicatore messa in scena nel 1970 da Luca Ronconi nel segno dell’ambiguità e del travestimento con uno straordinario cast tutto femminile.
Maria Grazia Grassini aveva debuttato insieme a Leo de Berardinis nella compagnia di Carlo Quartucci impegnata allora nella scoperta di Samuel Beckett, erano gli inizi degli anni sessanta. Ed era stato un Aspettando Godot molto stilizzato, quasi astratto nelle figurazioni geometriche con cui gli interpreti si inserivano nello spazio. Una collaborazione, quella con Quartucci e Leo, proseguita per diversi anni, un testo di Giuliano Scabia alla Biennale di Venezia del ’65, una commedia cinquecentesca, La fantesca di Giovan Battista Della Porta, su commissione del Teatro di Genova… Poi appunto Luca Ronconi, a partire da Misura per misura, primo mettersi alla prova del regista con la drammaturgia di Shakespeare; ma soprattutto l’Orlando furioso a Spoleto nel ’68, spettacolo epocale destinato a rivoltare le idee correnti sul rito teatrale. Dove l’aveva raggiunta Barbara Valmorin, subentrata durante la tournée all’estero dello spettacolo.
Ma nella memoria resta certamente anche il funebre e alcolico Riccardo III di Carmelo Bene, nel 1977, in cui uno strepitoso cast femminile faceva da coro alla meditazione sul potere dell’artefice.
Lunga anche la collaborazione con Ronconi di Barbara Valmorin, dalla sfortunata Das Kaethchen von Heilbronn sul lago di Zurigo a un altro non meno problematico capolavoro del regista, la monumentale Orestea. Fino al più recente Peccato che fosse puttana del 2003, al teatro Farnese di Parma, che segnava il ritorno al testo con cui aveva debuttato in teatro giovanissima, in una edizione francese della crudelissima tragedia di John Ford firmata da Luchino Visconti. Tanti comunque i nomi dei registi con cui ha lavorato l’attrice, da Giancarlo Cobelli a Cesare Lievi, alle disperate, struggenti Tre sorelle di Massimo Castri. E legato al suo nome resta lo straziante Week end che Annibale Ruccello aveva scritto e diretto per lei nel 1983.
Ma forse è giusto che a ricordare le due attrici resti da ultimo proprio il divertente e doloroso lavoro di Daniele Segre. Con il loro inesauribile baccagliare in camicia da notte, chiuse in uno spazio da cui non sarebbero uscite più. Come la memoria.