art’o 30 – Il principio speranza
Un numero dedicato in larga parte alla scena artistica italiana, a partire dall’ultima generazione “lost in transition”. Con Danio Manfredini e Raffaella Giordano protagonisti del Caino di Teatro Valdoca, Pippo Delbono, Remondi & Caporossi, Mario Martone a cinema e in teatro, il Teatro delle Albe, i film di Lucchi e Gianikian, le illustrazioni di Stefano Ricci che firma anche la copertina. Il cd allegato alla rivista regala uno straordinario documento, la registrazione dell’ultima creazione di Leo de Berardinis, voce poetica di past Eve and Adam’s.
art’o 29 – Il colore viola
Sul filo dei principi fondanti della nostra democrazia, dal diritto al lavoro alla libertà d’opinione, la rivista incontra la scena baltica dopo il crollo dell’URSS, la politica dei manifesti, la lotta per la sopravvivenza del Belarus Free Theatre, l’utopia in performance di Jill Dolan, Motus in cerca di Antigone, la politica del collettivo nell’arte contemporanea, Maguy Marin e Coco Fusco, il Dies irae a episodi di Teatro Sotterraneo. E il ritorno del teatro politico nei lavori di Fabre, Pollesch e Tony Kushner.
art’o 28 – Emozione, emozioni
Come coniugare, al singolare e al plurale, la parola che più ci appare legata al “qui e ora” della scena. Fra racconto e memoria, senza dimenticare cosa dicono le neuroscienze, si intrecciano le performance di Via Negativa, gli effetti della sindrome di Stendhal, il teatro dei nervi di Bock & Vincenzi, l’indagine relazionale di Cesare Pietroiusti, le silhouette di Kara Walker, le emozioni danzate di Caterina Sagna, Isabelle Choinière e Simona Bertozzi, il diario per immagini di Ramuntcho Matta. Nella “dark room”, la morte come ultima meraviglia.
art’o 27 – Il teatro naturale di Oklahoma o del futuro
Il teatro del futuro, ovvero: guardare al teatro da un tempo futuro. Inquadrato fra il bianco e il nero di Marzia Migliora, il futuro prossimo dialoga con quello anteriore attraverso il ricordo dei Goat Island, le utopie di Annie Dorsen, le Anatomies dei canadesi Kondition Pluriel, l’avveniristica identità urbana della Cina, le dislocazioni temporali di Pippo Delbono e Romeo Castellucci, la Passione contemporanea di Alain Platel, il teatro apocalittico di Santasangre. La “dark room” si chiede se può esistere un teatro pop. (numero esaurito)
art’o 26 – Le teatreIl teatro è un sostantivo femminile plurale, lo testimoniano la seduzione che è in grado di manifestare e la molteplicità delle forme che le ati sceniche possono legittimamente assumere. Ecco così il magnifico The sounds of silence di Alvis Hermanis stare accanto alle macchine sceniche di Muta Imago o ai solo di Susanne Linke, la memoria intima di Bill Viola confrontarsi con l’etica dell’attore secondo Rino Sudano o i travestimenti del Neo-burlesque. Mentre, sul filo della memoria, si va a vedere cosa ne è stato delle cantine romane.
art’o 25 – La memoria fragile
La rivista compie dieci anni ed è un buon punto di partenza per un percorso verso e dentro la memoria, sulla sua conservazione, su quel che resta dopo la chiusura del sipario. Fra presenza e assenza si incontra il teatro isterico e ontologico di Richard Foreman, la fenomenologia della lentezza di Myriam Gourfink, le audio walk per le strade di una città tedesca, la tela bianca di Pathosformel, l’invisibilità dei corpi di Lorna Simpson, la drammaturgia della forma di Giuseppe Penone, i dispositivi ottici di Orthographe. Per finire rileggendo Sebald.
art’o 24 – Ottanta
Tornano gli anni ottanta, i dolci anni del disincanto. E ci riportano, oltre all’invasione di colore della nuova spettacolarità di Magazzini e Falso Movimento, il 1980 indimenticabile di Pina Bausch, i paesaggi artificiali del Teatro Valdoca, il Frigidaire di Andrea Pazienza e compagni, l’arca perduta dell’underground bolognese, i documentari musicali di Pennebaker, i grandi attori da vecchi del teatro di Bergman. Mentre ci si interroga sul critico come etnografo e sul manifestarsi della vecchiaia sulla scena dell’arte, pensando a Carol Rama, splendida ottantenne.
art’o 23 – La lontananza, il desiderio
Una geografia (femminile) delle emozioni tiene insieme orbite sceniche dell’abiezione e corpo isterico, la Salpetrière visitata da Nan Goldin, Romeo Castellucci alla ricerca del gesto perduto, la sensibilità disincantata di Erna Omarsdottir, l’immaginario erotico di Marie Chouinard, la grana delle relazioni fra donne nel Théatre du Soleil, le anatomie del movimento di Cindy Van Acker, le sbavature del vivere nel lavoro di Meg Stuart. E in appendice uno speciale su Santarcangelo 2007.
art’o 22 – Theàomai
Si parte dal Marthaler touch, un ritratto in corso d’opera del geniale regista svizzero, per guardare alle geografie della scena internazionale. Il lavoro sui classici di Thomas Ostermeier, l’azione inefficace di Richard Maxwell, la cartografia dei corpi di Claudia Dias, Alain Platel visto alle prove di VSPRS, Tim Etchells e Forced Entertainment che portano in scena il dolore polifonico di Sophie Calle. E poi Le supplici di Fabrizio Favale, il progetto Rooms di Motus, il cinema di Edgar Reitz, Igort fra fumetto e narrazione.
art’o 21 – 655.000
Sono tanti, secondo uno studio, gli irakeni morti di guerra da che è cominciata l’invasione americana. Di fronte alla letterale oscenità della rimozione della realtà di un paese trascinato in guerra, suo malgrado, può sbiadire la strana parola di pornografia, cioè la spinta a dar corpo ai fantasmi banditi dall’immaginario pubblico. Dove va l’occhio di chi guarda lo raccontano Pippo Delbono e Gisèle Vienne, le bambole di Hans Bellmer e le immagini di Cindy Sherman o l’erotismo dell’assenza di Iké Udé, insieme a Luca Camilletti, Accademia degli Artefatti, Dumb Type.
art’o 20 – Cara Judith
Judith Malina ha compiuto ottant’anni, quasi tutti passati nel teatro (e fuori dai teatri). La festeggiamo raccontando l’immaginario fusion di Constanza Macras, le superfici corporee di Maria Donata D’Urso, le danze invisibili di Bock & Vincenzi, la trasparenza del tempo secondo Buci-Glucksmann, bellezza e evanescenza nelle fotografie di Sarah Moon, la sperimentazione digitale di Skoltz_Kolgen, il teatro del contagio nervosi di Orthographe, la non-danza disegnata da Michele Di Stefano.
art’o 19 – Avvelenata o il teatro inutile
Un grido di ribellione contro l’arrembaggio dei peggiori. Intanto il terrorismo poetico di Alvis Hermanis ci porta a est, mentre le “geografie” della rivista esplorano i dispositivi scenici di William Forsythe, la dimensione del tempo secondo Sonia Brunelli, la cucina esistenziale di Eva Meyer-Keller, il sex-appeal di Cortesi e Barzagli, l’Eden profano di Pipilotti Rist, gli interventi pubblici clandestini di Olafur Eliassom, i piedi per terra di Joao Fiadeiro. Termina la pubblicazione a puntate de L’impero della ghisa.
art’o 18 – Il teatro vivente
All’insegna del laboratorio, si torna a Venezia con uno “speciale” dedicato alla Biennale teatro diretta da Romeo Castellucci. Ma si parla anche di corpo sonoro e sound art e musica elettronica, si scopre la grafica non globalizzata dell’Iran, mentre da Shiraz arriva il sorprendente Amin Reza Koohestani. E poi Louise Lecavalier e altre danze dal Québec, Antonio Latella, Rimini Protokoll, Cosmesi, Daniela Cattivelli e Federica Santoro, Mariangela Gualtieri, Zimmerfrei.
art’o 17 – Trent’anni senza
Trent’anni da che è morto Pasolini, e ci manca quel suo andar contro i luoghi comuni, la sua capacità di vedere in anticipo la mutazione culturale del paese. Così come la critica d’occasione di Giuseppe Bartolucci, un altro maestro. A lui, poeta guerrigliero della critica militante, è dedicato questo numero della rivista che parla di François Tanguy, della bottega d’arte di Fanny & Alexander dopo tre anni di Ada, Roberto Castello, Yasmeen Godder, l’arte ludica di Shintaro Miyake e quella amorosa di Simona Spaggiari, Zimmerfrei e altro ancora.
art’o 16 – Il partito della speranza
Nel segno di Artaud raccontato da Susan Sontag. Un dossier sulla Tragedia endogonidia della Societas apre alle visioni della body art secondo Lea Vergine e alla vita come opera d’arte secondo Marina Abramovich, senza dimenticare la carnalità ingombrante di Jenny Saville, la danza di Eszter Salamon e il corpo animale di Silvia Rampelli. Ricordando gli anni felici del teatro sigillati nel libro di Sandro Lombardi. Comincia la pubblicazione a puntate dell’Impero della ghisa di Leo de Berardinis.
art’o 15 – Pietà per il teatro
Ricordando Victor Garcia, genio ribelle morto troppo presto, vent’anni fa, un altro scomodo argentino, il quasi omonimo Rodrigo Garcia, chiede pietà per i corpi degli attori, per la loro indifesa nudità. Gli fanno eco le visioni di Pasolini evocate da Neiwiller e Motus, i disegni in movimento di Gianluigi Toccafondo, le riflessioni di William Forsythe su spazio pubblico e corpo, le parole coreografiche di Virgilio Sieni e Michele di Stefano e quelle sul rituale di Thomas Richards, erede del metodo e del pensiero di Grotowski.
art’o 14 – Dilatando il teatro smisuratamente
Un numero speciale dedicato al teatro di interazioni sociali, come lo si è voluto chiamare. Per dire di una zona artistica vasta, dove si trovano insieme esperienze di lavoro in carcere e con disabili fisici o psichici, con anziani e aree marginalizzate della società, centri sociali o popoli migranti. Ieri e oggi. La scena della seconda metà del Novecento è attraversata in profondità dalla ricerca di un confronto diretto con la “diversità” teso a superare l’aridità di una cultura che non coincide con la vita.
art’o 13 – Buffonerie
La guerra che è mai finita, non finisce mai, come insegnava Eduardo. Mentre Mr. Bush invade un paese distrutto e per nulla desideroso di combattere, si parla di Argentina fra Rodrigo Garcia e Daniel Veronese e di Guerra in Palestina, quella portata nei teatri del paese occupato da Pippo Delbono. E dell’arte del dubbio di Erwin Wurm, del ragù napoletano di Toni Servillo, delle madri assassine di Babina e Emma Dante. Sembrava piuttosto una tregua carica di minacce, ammoniva Pintor.
art’o 12 – Na Dubrovke
La rivista cambia veste, si riempie di immagini e azzarda il colore. Ma l’immagine da cui tocca partire è quella del teatro di Mosca, Na Dubrovke, scelto non per caso dai militanti ceceni per l’azione di morte inscenata da un coro di donne velate di nero. Nel nome di Jean Genet, si incontrano Virgilio Sieni e Frédéric Fiesbach. A seguire William Kentridge, Tim Etchells, le fiabe horror di Matthew Barney, la vocazione teatrale di Giulio Paolini, la danza di MK, Enzo Cosimi, Sosta Pamizi e Gilles Jobin, la rifrazione del teatro di Lenz.