Di passaggio a Bologna alcuni giorni fa, il sound artist britannico Simon Whetham si è esibito in una performance a Euphorbia, luogo atipico di esperienze musicali all’interno di un palazzo del ‘500.
Whetham è on the road da una decina d’anni, registrando sul campo e pubblicando per etichette all’avanguardia sul fronte dell’abstract music e della musica atmosferica: Baskaru, Crónica Electronica, LINE, Entr’acte, Helen Scarsdale Agency.
Attraverso il progetto “Active Crossover”, le numerose residenze artistiche, i workshop, Whetham raccoglie suoni provenienti dai contesti più disparati nel mondo — Cile, Estonia, Giappone, Corea del Sud, Australia, Islanda, solo per menzionare alcuni Paesi.
Il materiale grezzo acquisito viene distillato e ricomposto secondo uno schema compositivo determinato, talvolta con l’intervento di strumenti musicali. Il suono che ne deriva corrisponde, nell’esperienza dell’ascolto dal vivo, a un’immersione integrale nell’essenza della materia stessa da cui è originato.
L’ascolto collettivo, concentrato e attento, enfatizza la ritualità della dimensione performativa. Whetham si muove tra il pubblico disponendo microfoni e casse che riproducono i suoni dal vivo, come se l’ambiente e le interazioni tra i presenti fossero essi stessi strumenti da suonare. Un “qui ed ora” che determina una nuova consapevolezza della percezione sonora.
E in effetti è questo il senso della ricerca che Whetham ha intrapreso, ormai da tempo. Una pratica quotidiana che mette in gioco l’esplorazione di sonorità nascoste, l’invenzione di tecniche per acquisirle, la riflessione compositiva e l’interazione con altri artisti e musicisti in un dialogo che si evolve, alla scoperta di un universo sonoro che è anche memoria collettiva. Perché il silenzio, in realtà, non esiste.