• Tiago Rodrigues e la bellezza di uccidere i fascisti

    Chissà cosa ne penserebbe Bertolt Brecht di questo Catarina e a beleza de matar fascistas scritto e diretto da Tiago Rodrigues che già nel titolo, trasparente dietro il dolce velo della lingua portoghese, promette fibrillazioni. Non lo si è nominato invano lo “scrittore di drammi” di Augsburg. E non solo per via di quel personaggio che per lui ha proprio una fissa e a ogni passo tira fuori una citazione. O a maggior ragione per il destarsi del dubbio, il più brechtiano dei posizionamenti, come motore del dramma – salutate con rispetto chi come moneta infida pesa la vostra parola, dice una sua poesia. È che la struttura drammaturgica dello spettacolo pare proprio ricalcata su un’idea di teatro epico, con preghiera di fare attenzione allo stile della lotta dei due contendenti. Madre e figlia in questo caso.

    Siamo in una casa di campagna nel sud del Portogallo, dove ogni anno alla stessa data si celebra un rito familiare. Ammazzare un fascista. In ricordo di una Catarina uccisa più di settant’anni prima, nel 1954, da un ufficiale della milizia salazariana. La bisnonna aveva ucciso il marito, reo di aver assistito all’assassinio senza muovere un dito. E aveva lasciato una lettera, una sorta di testamento politico, in cui pregava le generazioni a venire di perpetuare il suo gesto. Una sorta di distillata vendetta trasversale. Eccoli i simpatici attori del Teatro Nacional D. Maria II, la struttura neoclassica che a Lisbona domina piazza del Rossio; Tiago Rodrigues, da poco nominato direttore del prestigioso festival di Avignone, ne è stato alla guida fino all’altroieri. Sono già li sul palco all’ingresso degli spettatori nella platea del teatro Argentina. Attendono. Tutti vestiti con un lungo abito femminile, forse uguale a quello che vestiva la prima Catarina. Del resto anche fra loro, in questa occasione, si chiamano con il nome di Catarina. E per un po’ provoca qualche spaesamento. Da un lato una tavola imbandita, sulla tovaglia è stampato un chiarificatore “Não passarão”. Al centro una casetta fatta di assicelle che poi si apre per mostrare un albero cresciuto al suo centro – una specie di genius loci o di nume protettore, giacché tutti i membri della famiglia e anche i fascisti uccisi vengono sepolti nel giardino e sulla tomba viene piantata una quercia da sughero.

    Foto di Jaime Machado

    Attendono che dalla casa esca la giovane Catarina, la figlia. È il suo debutto, per così dire. Tocca a lei quest’anno compiere il rito. E intanto ci è dato modo di conoscere quello scombinato gruppo di famiglia in un esterno, mattacchioni più verbosi che fanatici verrebbe da dire. Lo zio che ama osservare le rondini, il nipote che ascolta continuamente musica in cuffia, la madre attaccata alla bottiglia di vino… Ma quando lei si ritrova con la pistola in mano, la figlia Catarina, è invasa appunto dal dubbio. Non sa più se è giusto farlo. Sparare a un uomo inerme, sia pure fascista. E poi sono settant’anni che va avanti questa cosa e a cosa è servita, i fascisti sono sempre lì. Trambusto, liti, discussioni. La madre Catarina vuole cacciarla di casa, la figlia Catarina ha già la valigia pronta. Alla fine dopo molti scambi dialettici e accuse reciproche la ragazza si convince, lo farà; ma di nuovo quando ha la pistola in mano si ferma. Non voglio, dice questa volta. Ed è allora che cominciano gli spari, uno dopo l’altro muoiono tutti, dando un taglio all’epica dialettica. La morale è chiara, se ce n’è bisogno – e prevedibilmente contraddice il titolo furbetto. Da una parte si discute, dall’altra intanto si spara senza tanti dubbi. E potrebbe finire lì.

    Invece no. Perché il fascista, che finora se ne è rimasto muto, si alza e si rimette la giacca. E dal proscenio parte con un interminabile comizio. Il suo partito ha vinto le elezioni e ora intende mettere a posto le cose nel paese, all’insegna dell’ordine e della “nuova democrazia”. Il repertorio è quello prevedibile, inutile stare a riassumerlo. Lo conosciamo già. Parecchi in sala cominciano a protestare rumorosamente. Non sai se sono i progressisti offesi, i fascisti venuti per far casino o semplicemente gli spettatori stanchi di questa tirata. E poi la parola democrazia ha tante declinazioni, anche se qualcuno pretende di averne il copyright. La tragedia antica racconta come la democrazia occidentale nasca da un delitto, per meglio dire dalla legittimazione di un delitto politico, per ripristinare il potere patriarcale che l’uccisione del comandante Agamennone aveva sovvertito. Forse converrebbe ripartire da lì.

    Quanto al distopico Portogallo di Catarina, per fortuna le cose sono andate diversamente, come sappiamo. I fascisti non sono passati e oggi quel lontano lembo d’Europa può sembrarci l’ultimo angolo felice dove sopravvive un’idea di sinistra.

     

    © Gianni Manzella

     

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